Un Natale in-fame?

6 gennaio 2010

È puntualmente sopraggiunta l’onda anomala delle anestetizzanti rappresentazioni del Natale votate al consumo, flutto che ci investe e imbonisce di finti buoni sentimenti. Un rituale pagano della codificazione sempre più indigeribile, via via che strade e negozi si attrezzano per questo tempo “forte” del commercio.
Le immagini corredate di buonismo pubblicitario veicolano uno stucchevole equivoco man mano che si amplifica intorno a noi l’affanno degli uomini e delle donne del nostro tempo, a un anno dalla crisi economica e finanziaria che ha sconquassato il mondo, e ha reso persino più angusti gli spazi della giustizia su questa terra. Più passano i mesi, più si delinea il rischio che il terremoto della finanza mondiale sia l’ennesima occasione mancata, nuove e vecchie frodi di speculatori hanno ripreso la folle corsa verso gli utili.
L’inondazione natalizia ha preso avvio – ironia della sorte – nei giorni del vertice della FAO sulla “sicurezza alimentare”. Ovvero quando la stampa mondiale, con una manciata di titoli allarmati, tornava ad avvertirci che oltre un miliardo di persone soffre la fame cronica e le agenzie dell’Onu, con un ritornello un po’ ipocrita, si appellavano a mobilitazioni, aiuti, digiuni di solidarietà. Come se la fame fosse una fatalità da combattere con il richiamo ai buoni propositi.
Mondo davvero in-fame il nostro. L’impegno della comunità internazionale a dimezzare la malnutrizione entro il 2015 ha prodotto finora solo il numero più alto di affamati dal 1970. E vetture di capi di stato che, nei giorni del vertice, assecondavano stravaganze smodate di acquisti, per le strade di Roma.
A casa nostra, la nascita di Gesù bambino ci coglie tramortiti da mesi in cui l’autismo della politica ha confezionato a ripetizione leggi – il pacchetto sicurezza, lo scudo fiscale, la privatizzazione dell’acqua, la legge sulla possibilità di vendere i beni confiscati alla mafia, il disegno sul processo breve – fatte su misura per il tipo antropologico dell’italiano furbo che va tanto di moda. Si ignora il bene comune, si impacchettano messaggi per convincere che la crisi sta alle spalle.
Ma lo dice l’OCSE che il peggio per noi deve ancora venire. Lo dicono le incalzanti incognite delle famiglie ridotte al lastrico della disoccupazione.
Lo dice la disperazione di operai arrampicati su gru e ciminiere per agire il diritto a esistere, ovvero quello di essere semplicemente raccontati nella frequente solitudine della difesa di un’azienda in attivo.
Per troppi il Natale porterà fine di cassa integrazione ed esasperazione di precarietà. In Europa, entro il 2010 saranno licenziate 25 milioni di persone: dall’inizio della crisi, saranno saltati tanti posti di lavoro quanti se ne sono persi in un decennio con le crisi petrolifere.
Avvelenati dalla paura del domani accogliamo il Natale. Anzi, da ferventi cattolici, e in nome delle nostre radici cristiane, lanciamo per la nascita del Redentore una igienica operazione di pulizia etnica. Restituiamo candore di festa liberando paesi e strade dal nero di immigrati da stanare a uno a uno, sotto le mentite spoglie della cittadinanza attiva. Cittadinanza cattiva.
Il nostro razzismo si nutre della rabbiosa conferma delle nostre incapacità a mandare avanti questo Paese. Così liberiamo anche il Natale dalle sue parodie di sentimenti, ispirati al massimo a qualche donazione pelosa regolata sul bilancino del proprio tornaconto emotivo ed economico.
Altro che misticismo. È business fiorente il Natale di guerra che anche quest’anno si celebra tra boati di fuoco e sangue innocente. Una guerra non più ripudiata da nessuno, anzi confezionata anch’essa per la nascita del bambinello dentro la scatola della retorica celebrativa del sono-lì-per-portare-la-pace-a-nome-di-tutti-noi. A celebrare la pace dei fatturati ci penseranno invece coloro che le armi le producono e le vendono.
Un Natale nero. Nei luoghi santi cova una terza intifada, tutt’altro che una buona novella. Tanti auguri. Leggi il seguito di questo post »


SOLIDARIETA’ CON LA LOCRIDE

31 gennaio 2008

1° marzo a Locri, in solidarietà al popolo oppresso dall’ndrangheta

L’esperienza di Don Eugenio

L’estate scorsa ho partecipato ad un campo di lavoro a Locri con una ventina di giovani della parrocchia. E’ stata per tutti noi un’esperienza notevole. Il Brasile m’è sembrato ‘rose e fiori’  comparato alla situazione della Locride. Ricordo la veglia sulla spiaggia di Bovalino, in una notte buia, con pochi ceri accesi perché eravamo in pochi, a pregare per Antonio Giorgi, ammazzato nel pomeriggio sulla strada che va a San Luca, poco più su delle serre della valle del Bonamico, dove noi strappavamo le erbacce per liberare le piantine di mirtilli.
Poche luci in una notte buia: sono le tre esperienze positive, belle, che abbiamo cercato di conoscere, e che danno forza alla speranza, indomabile e forte, ben radicata nel cuore della gente… un giorno arriverà la liberazione…

Puoi scaricare qui sotto il testo completo in formato word:

LOCRIDE


DIRITTI E DISARMO

6 marzo 2007

Ecco l’articolo sulla serata del 24 febbraio scorso, che è stato pubblicato sulla Libertà:

Alex Zanotelli, nella serata di sabato scorso 24 febbraio in San Luigi Gonzaga, ha calamitato l’attenzione di 500 persone, in buona parte giovani. Il missionario comboniano, dopo avere diretto la rivista Nigrizia negli anni ‘80, coraggioso promotore della legge 185/90 contro il commercio delle armi, consacrò il suo impegno fra i miserabili della baraccopoli Korogocho di Nairobi in Kenia; di nuovo in Italia ora dirige Mosaico di pace, vive a fianco degli ultimi nei bassifondi di Napoli, sostiene la rete Lilliput (voci unite di tante forme di resistenza contro le scelte economiche di pochi e la logica del profitto, a favore di salvaguardia della vita, della dignità umana, della salute e dell’ambiente).
Alcune impressioni forti si possono ricordare con indegna sintesi di due ore eloquenti, documentate da citazioni teologiche e dati statistici di preciso spessore.
Lo scenario mondiale che ha dipinto è drammatico, il mercato prevarica il diritto, la politica è annullata, perché i rappresentanti eletti non contano nulla nel neoliberismo dominante: la forza lavoro è preda della disoccupazione, lo stato perde terreno rispetto alla privatizzazione, la crisi ecologica incombe sulla natura. La chiesa non si sveglia dal sonno dogmatico e non ha ancora scelto il battesimo dei poveri, il battesimo di immersione nelle altre grandi religioni. La spiritualità si ritrova nelle relazioni umane che i poveri privilegiano, in una gioia di vivere ben riconoscibile nell’Africa sfruttata; ricerchiamo Gesù, come Francesco, che nudo davanti al vescovo dice che rinuncia ad avere, e perciò non ha bisogno di difendere la proprietà. Quindi BASTA ARMI, basta spendere 500 miliardi di dollari per la guerra in Iraq, 22 miliardi di € per la difesa armata nella nuova finanziaria italiana, basta basi militari, con 5.000 soldati americani che arriveranno a Vicenza, 20.000 che dall’anno scorso sono previsti a Napoli senza clamori, 90 testate atomiche custodite in due basi italiane senza nessun controllo del nostro stato.
Giovani! spendete la vostra vita per qualcosa di bello, cercate la sobrietà per dare tempo alle relazioni, non siate schiavi delle pressioni del mercato. L’acqua è un bene fondamentale, come l’aria, molto più del petrolio: il controllo dell’acqua è in mano ad alcune potentissime multinazionali europee, ma anche in Emilia Romagna già il 49% del capitale delle aziende che distribuiscono acqua potabile è diventato privato. Vi sembra etico togliere acqua da bere a chi povero non potrà pagarla? Convinciamoci a bere solo acqua di rubinetto, non è vero che fa male. Attenti alle speculazioni enormi sui rifiuti, il 73 % può essere riciclato con le raccolte differenziate. FATE RETE.
Un testimone credibile: il giorno dopo ha celebrato Messa chiedendo a tutti di tenere le mani alzate, di dare un buon augurio al vicino, di fare pace.

PAX CHRISTI, Punto pace di Reggio Emilia

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ZANOTELLI 24 FEB